sabato 24 marzo 2012

IL CONCERTO.

Che gioia rivedere in un passaggio TV Radu Mihaileanu, regista franco-rumeno, che con il Concerto ci ha regalato due ore di autentico cinema. Lo avevamo conosciuto nel 1998 con un  poetico film “Train de vie” dove era riuscito ad usare l’ironia contro l’orrore dell’olocausto, ma  quell’anno venne messo in ombra da un fortunato film sullo stesso argomento, “La vita è bella”, diretto e interpretato da un Benigni in stato di grazia, premiato pure con l’Oscar.
“Il concerto” narra di un direttore d’orchestra russo (Alekseij Guskov), caduto in disgrazia all’epoca di Brezhenev, il quale, trent’anni dopo in una Russia post-sovietica, riesce  con un movimentato stratagemma a tenere un’ esecuzione musicale a Parigi. Dirigerà con una  scalcagnata orchestra, ma con in più una valente violinista di fama internazionale (Melanie Laurent), quello che per anni è stata la sua ossessione: il Concerto per violino ed orchestra di Ciajkosvkij.
Ritroviamo in questo film l’umorismo yiddish che ben si addice a questo regista nel descrivere sia i reduci della vecchia orchestra del Bolshoi sia i nuovi oligarchi dell’attuale Russia; ma  Mihaileanu non ha dimenticando di inserire una doverosa pagina politica sull’infamia del Gulag, che scopriremo essere il filo conduttore tra le vicende dei vari personaggi.
Oggi si parla molto, a ragione della necessità della memoria storica, e questo film tra ironia e commozione riesce a non far dimenticare l’esperienza del comunismo nei Paesi dove è stato al potere.

sabato 17 marzo 2012

MAFIA & MAFIE.

Cosa nostra, ‘Ndrangheta, Camorra, Sacra corona unita: in alcune regioni meridionali le mafie sono riuscite a penetrare le culture locali innescando un conflitto con lo Stato e le sue leggi.
Sono riuscite ad essere seduttive verso alcuni giovani che dalle piccole illegalità sono arrivati rapidamente verso il rifiuto del lavoro, spesso mal retribuito, e la conseguente arte di arrangiarsi.
Da questo può nascere una terribile lusinga: farsi reclutare dalla “criminalità organizzata” che offre, senza fatica, facili compiti, insieme al rispetto, ai soldi, al prestigio sociale.
Induce allo sconforto pensare di opporsi a questo stato nello Stato con manifestazioni e cortei, perlopiù guidati dai “professionisti dell’antimafia”, uniti nel vuoto rituale del “contro la mafia”.
E’invece doveroso pensare a quei poliziotti, a quei magistrati, a quegli educatori che, spesso lasciati soli dalle Istituzioni, hanno dato la vita pur di imporre la legalità.
Con tutto ciò andrebbe sottoscritta la frase di Bertolt Brecht “beato quel popolo che non ha bisogno di eroi”.



lunedì 12 marzo 2012

IPSE DIXIT- G.ANSALDO

“Impressionabile, mutevole, nevrotico, io non ho, né posso avere, principi politici. La mia innata capacità e facilità a considerare tutti gli aspetti di un problema e di una soluzione, mi vieta di appagarmi di quel monocolismo politico che è necessario per avere dei principi e per tenervi fede”.  
 
Giovanni Ansaldo

domenica 4 marzo 2012

VIVA L'ITALIA.

Abbiamo festeggiato i 150 anni dell’unità politica d’Italia, (quella culturale esisteva già dal Trecento), assistendo a una strana situazione nella quale sembra che i ruoli tra destra e sinistra si siano ribaltati, al punto che i più strenui difensori della bandiera nazionale e dell’inno di Mameli sono quelli che fino a non molto tempo fa deridevano un certo patriottismo considerato come un lascito del regime fascista. Di contro una nutrita pubblicistica di destra si interroga polemicamente: chi l’ha voluta una piemontesizzazione dell’Italia, compreso Re e  Statuto?
Ma il paradosso non si limita a questo, anche la difesa della scelta unitaria, calata dall’alto sul modello francese, fa a pugni con la formula democratica federale suggerita da Carlo Cattaneo nel 1848, il quale era ben consapevole delle enormi differenze economiche e culturali  esistenti tra i vari Stati italiani.
L’attuale  tentativo di trasformare uno Stato amministrativamente unitario da un secolo e mezzo in una “federazione” (leggi Regioni o devolution leghista) è non solo difficoltoso, ma forse anche  inutile.
Se vogliamo rimanere estranei a queste sterili polemiche,  rileggiamo la storia del risorgimento senza trascurare ombre e luci, consapevoli che il nostro Paese è nato in parte dalla forte volontà di una élite, ma anche da una fortunata combinazione di interessi internazionali.

giovedì 1 marzo 2012

IL FANTASMA DELLO STATALISMO.

 Un fantasma si aggira sul Paese: lo Statalismo.      Dire questo in piena crisi economica dovuta in gran parte ad un presunto liberismo che avrebbe favorito comportamenti dannosi e socialmente criminogeni, sembra un paradosso. Ma è pur vero che assistiamo a salvataggi di banche responsabili di aver messo in circolo titoli spazzatura, o di industrie obsolete che hanno fatto niente per riconvertire la propria produzione adeguandola ai veri bisogni del mercato; aggiungiamo pure una resistenza da parte di chi negli anni “facili” di questo nostro Paese ha ottenuto privilegi oggi difficilmente mantenibili.
Così facendo si genera l’immobilismo che non incoraggia a sperimentare nuove strade, a migliorare, conquistare, perfezionare. Torneremo fatalmente ad una gestione delle imprese più politica che economica, con la conseguenza di un aumento del già intollerabile debito pubblico?                                                
L’attuale crisi nonostante la sua gravità, non si cura rifugiandosi nel comodo grembo dello Stato (strada peraltro già percorsa in passato e di cui conosciamo le conseguenze),  ma con una seria riflessione su cosa debba essere una moderna economia di mercato la sola in grado di misurarsi con le sfide che la globalizzazione comporta.