domenica 4 marzo 2012

VIVA L'ITALIA.

Abbiamo festeggiato i 150 anni dell’unità politica d’Italia, (quella culturale esisteva già dal Trecento), assistendo a una strana situazione nella quale sembra che i ruoli tra destra e sinistra si siano ribaltati, al punto che i più strenui difensori della bandiera nazionale e dell’inno di Mameli sono quelli che fino a non molto tempo fa deridevano un certo patriottismo considerato come un lascito del regime fascista. Di contro una nutrita pubblicistica di destra si interroga polemicamente: chi l’ha voluta una piemontesizzazione dell’Italia, compreso Re e  Statuto?
Ma il paradosso non si limita a questo, anche la difesa della scelta unitaria, calata dall’alto sul modello francese, fa a pugni con la formula democratica federale suggerita da Carlo Cattaneo nel 1848, il quale era ben consapevole delle enormi differenze economiche e culturali  esistenti tra i vari Stati italiani.
L’attuale  tentativo di trasformare uno Stato amministrativamente unitario da un secolo e mezzo in una “federazione” (leggi Regioni o devolution leghista) è non solo difficoltoso, ma forse anche  inutile.
Se vogliamo rimanere estranei a queste sterili polemiche,  rileggiamo la storia del risorgimento senza trascurare ombre e luci, consapevoli che il nostro Paese è nato in parte dalla forte volontà di una élite, ma anche da una fortunata combinazione di interessi internazionali.

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