Nel 1961 la storica e filosofa Hannah Arendt fu incaricata del settimanale americano New Yorker di seguire, nella città di Gerusalemme, il processo contro il criminale nazista Adolf Eichmann.
I resoconti dell’avvenimento apparvero successivamente raccolti in volume (La banalità del male) che all’epoca fecero molto discutere. La Arendt vi sostiene che in mancanza di sensibilità critica l’individuo possa farsi partecipe dei più spaventosi crimini senza sentirsi responsabile; comunque Eichmann è soggettivamente colpevole e va condannato, ma è pur sempre un banale esecutore dentro un congegno più grande di lui.
Nel film di Stephen Dalbry The Reader (tratto dal romanzo "A voce alta" di Berrnhard Schlink) ritorna il concetto della “banalità del male”.
L’inizio della storia descrive una fugace ma intensa relazione amorosa, nella Germania degli anni ’50, tra un ragazzo quindicenne, Michael, e Hanna una donna col doppio dei suoi anni, magistralmente interpretata da Kate Winslet (dimenticatevi il Titanic).
Tempo dopo Michael, ormai adulto, ritroverà Hanna in un’aula di tribunale coinvolta in un processo a carico di criminali nazisti. L’oscuro passato della donna si rivelerà: è stata kapò in un lager. Ma si rivelerà anche la vera natura di Hanna, una persona completamente priva di cultura (è analfabeta) che in tutta la vita ha sempre accettato con indifferenza i miseri lavori che le venivano offerti, compreso il ruolo di aguzzina in un campo di concentramento.
Dopo la condanna all’ergastolo Michael, che non ha dimenticato quanto sia stato importante quel breve incontro durante la sua adolescenza, le insegnerà a leggere per mezzo di nastri magnetici sui quali ha registrato interi libri: questo dono intellettuale e spirituale aiuterà Hanna a prendere coscienza di ciò che è stata. Drammaticamente solo il suicidio potrà suggellare il riscatto.
Un film bello, commovente e soprattutto non usuale sulla tragedia del nazismo ed il coinvolgimento del popolo tedesco.