Non ho
molto amato né il pensiero né le opere di Pasolini (con
l'eccezione, data la poetica che esprime, del film “Vangelo secondo
Matteo” ).
Aveva,
del corpo sociale contemporaneo, idee di reazione. Reazione verso
quello sviluppo e quella tecnologia che, con luci ed ombre, avevano
cambiato il volto all’Italia, affrancandola da una secolare miseria
sia materiale che culturale (non credo che la scuola, sia pure di
massa, da lui tanto osteggiata possa aver nuociuto a qualcuno).
Reazione che lo aveva
portato ad esaltare il mondo contadino e sopratutto il
sottoproletariato urbano, quali modelli di una innocenza conservata
nonostante l’industrializzazione del Paese: ugualmente rivolse il
suo interesse ai Paesi del Terzo mondo.
Ma in
definitiva Pasolini conosceva la verità: anche i più poveri, anche
i borgatari non avevano il dono dell’innocenza, ma, come tutti,
erano corrotti e corruttibili.
Probabilmente
fu questa verità che trasformò la sua apparente energia in un
inconscio desiderio di morte.
Nessun commento:
Posta un commento