La
vecchiaia, la malattia, la morte;
guardando l’ultimo film di Michael Haneche mi sono reso conto di quanto poco questi
temi vengano trattati dal cinema contemporaneo e, soprattutto, com’è raro che
lo si faccia alla maniera di Haneche senza compiacimenti, senza edulcoranti. Il
film può risultare duro ma è senzaltro appartenente alla realtà. I ricordi, che
sono l’ultimo legame alla vita, appaiono sbiaditi, confusi, non riescono a dare
nessun conforto a giorni fatti di terapie palliative, annientati da un malanno
che si porta via anche la dignità. Il tema della vecchiaia lo ritroviamo anche in altri film; su tutti “Il
posto delle fragole”. Nell’opera di Bergman l’epilogo sembra ispirato dalla
riscoperta degli affetti come fede nella vita: nonostante ciò lo scetticismo prevale
in tutte la sua produzione cinematografica. In Haneke il pessimismo è più profondo:
tutto il nostro vissuto appare inutile, rimane solo questo tragico atto finale.
L’atto d’amore del titolo del film sarà la
definitiva terribile liberazione dai dolori e dalle umiliazioni.
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